Sei lì che fai cose normali, lavori, ascolti musica, leggi un libro, saltabecchi qua e là per casa, giochi con la gatta, rispondi a una battuta su un social, prepari il pranzo o la cena, controlli i compiti di tuo figlio/a nipote/, scambi qualche pensiero o informazione, o istruzione o saluto su una delle mille chat attive dando buca qua e là a inviti di gruppi cui sei iscritta non ricordi perché, ma che lasci lì non-si-sa-mai; mentre ricevi messaggi di qualcuno che a sua volta non sa come darti buca, ma lo capisci dalla solita scusa degli impegni di lavoro e invece di dirti guarda non ne ho voglia, ho cambiato idea accampa, appunto, scuse; mentre sei lì e pensi a quella persona che trovi interessante, ti piace a cui vorresti raccontare cose e ascoltare le sue, perché lo senti che avreste molto da scambiarvi, ma c’è sempre un motivo per non incontrarsi o rimandare perché gli impegni di lavoro, i timori, la pigrizia, perfino la timidezza e l’insicurezza, gli impegni di famiglia. E pensi a quante volte accade la stessa cosa anche con gli amici lontani ma anche vicini perché, assurdamente, con quelli lontani hai più quotidianità: chat e telefono anche per sciocchezze, per il piacere di condividere.
E in questa epoca post covid, ancora si paga quella cosa che va sotto il nome di pigrizia ma che è qualcosa di più profondo: è sotterraneo timore di relazionarsi vis a vis, perché è più “comodo” farlo a distanza (addirittura manco col telefono, solo con i messaggi). Diciamocelo tutti (a partire da me, ovvio) con grande sincerità: è impossibile non trovare il tempo per bere un caffè con qualcuno che abita nella tua stessa città o limitrofo, se ti fa veramente piacere che accada. Se non accade è perché, davvero, non è un desiderio. E a questo si aggiungono quelli che si lanciano in inviti e promesse che poi regolarmente disattendono perché, appunto, il lavoro, la fatica eccetera. Lecito, per carità, ma magari non fare promesse, non lanciare inviti nel mucchio dei tanti, che così perdono valore e sussurrano “era così per dire, tanto nessuno si incontra veramente se non con quei quattro/due amici, forse”.
E mentre sei lì con questi pensieri sgangherati e in queste faccende impigrita, ti interrompe la vibrazione di un messaggio.
Leggi e, a quel punto, fai silenzio.
Tutto si silenzia.
Perché in quel messaggio qualcuno ti scrive che se n’è andato all’altro mondo un’ altra persona a te vicina e ogni volta, ogni santa volta, ti dici: se avessi trovato il tempo per stare di più quella volta con lei o con lui e viceversa; se avessi dato seguito a quel progetto che ci aveva tanto infervorato e poi puff.
E lo dici sinceramente a te stessa/a. Sei davvero dispiaciuta/o. La verità, però, è che il tempo (anche a distanza geografica) si trova sempre se senti che è importante per te, per l’altro (se gli/le vuoi bene) o per entrambi, ché gli scambi non sono mai a senso unico.
Siamo sinceri, la verità è solo questa: quando sentiamo che qualcosa ci preme davvero, la facciamo. Troviamo il tempo. Ripeto, anche a distanza. Magari anche solo per dirsi esattamente questo: vorrei vederti, stare con te, ora non riesco, non ho la forza, catene più forti mi trattengono, ma ti penso e pensami e stiamo anche solo un po’ così, al telefono, che la voce unisce e dopo ci fa stare meglio, ci fa sentire più vicini che di questo abbiamo bisogno. Tutti. Anche solo della voce che è più vera di ogni altro mezzo, a parte il corpo.
Se mi pensi dimmelo.
Il bene si crea se si fa circolare.
Ricordo quanto ha detto con una sintesi magnifica Erri De Luca: “tutto l’amore (ogni tipo di amore) che non dai è perso, bruciato, marcito; non te lo puoi conservare. È il contrario dell’economia. Il PIL dell’amore è fare bancarotta continuamente”.
Bisogna essere generosi, non con i soldi che quello, se si hanno, è facile. Bisogna essere generosi di affetti, di carezze anche metaforiche, ma che inconfondibilmente arrivino come tali. Bisogna dirsi ti voglio bene, mi manchi, mi piaci (non like e love sui social) bisogna dirselo “vorrei stare con te” anche se magari è impossibile oppure vorrei starci di più; ti sono grata, sei un o una amica unica, grazie per esserci. Senza avere paura che queste siano cosucce smielate perché “ovvie”. È come dirsi grazie, per favore, prego nelle coppie, anche se stanno insieme da una vita: non è scontato e non è formalità. Farlo rafforza la stima, l’amore, il benessere, il proprio senso nel mondo, perfino. La stessa cosa con gli amici e poi via via anche con i compagni di lavoro che stimiamo. Se mai si dedica tempo, forse semplicemente e più realisticamente, non siamo davvero interessati a quella relazione o alle relazioni reali.
Non è robetta new age, o nostalgica, è vita vera. Eppure in tanti – seppure magari sinceramente interessati a entrare in relazione – hanno paura di esporsi, di essere considerati “perdenti”, di apparire smielati, retorici, sentimentali, romantici, emotivi, ovvi, banali.
In questa epoca è banale fare i cinici, non il contrario.
Ho finito.